C’era una volta un ciclista.
Quando aveva un attimo di tempo inforcava la sua bicicletta e partiva. Da solo o con amici, con il sole o con la pioggia, con il caldo o con il freddo.
Non era un fanatico, ma amava raccontare delle salite che aveva fatto, delle granfondo che aveva disputato e delle gare a cui aveva assistito.
La bicicletta lo rendeva felice e non faceva del male a nessuno.
Poi tutto cambiò.
Un giorno in una rotonda una macchina gli urtò un braccio. Era un ciclista esperto e mantenne l’equilibrio. L’automobilista si fermò e scese. Lui gli sorrise dicendogli che non era successo nulla e che può capitare, ma l’automobilista non voleva scusarsi. Lo insultò e cercò di scrollarlo giù dalla bici.
Scosso, si aspettava un po’ di comprensione dagli altri automobilisti, che invece presero a suonargli il clacson.
Ora era spaventato e si fermò in un bar. Si sedette insieme a un gruppo di ciclisti che discutevano.
Pensava stessero parlando, come al solito, di biciclette, componentistica, watt e battiti. Invece raccontavano storie di amici investiti e delle volte che avevano rischiato la vita.
Tornò a casa molto triste, appese la bicicletta in garage e andò ad abbracciare sua moglie e i suoi figli.
Non si era mai reso conto che la bicicletta fosse così pericolosa. Forse perché una volta non lo era come adesso.
“E ora cosa faccio?” – si chiese – “Vale la pena rischiare la vita per una passione?”.
Ma non era la domanda giusta. La domanda giusta è “Cosa posso fare per cambiare le cose?”.
E iniziò a cercare la risposta.
Auguri a tutti coloro che popolano la strada, ognuno col proprio mezzo, per un 2023 di rispetto, umanità e condivisione dello stesso spazio.