SE PROPRIO DOVEVA ESSERE UN FRANCESE, CHE FOSSE IL PIÙ FORTE

Non farete alcuna fatica a trovare, nelle cronache della prova in linea del mondiale nelle fiandre, feroci polemiche su tattiche errate da parte dei commissari tecnici di questa e quella nazionale. Ma se alla fine vince il più forte, tutto si calma. E il grande Julien Alaphilippe, domenica, è stato il più forte di tutti.

Fin dai primi chilometri si capisce che sarà una grande festa. Le genti belga sono straordinarie e assiepano il percorso fin dalla mattina; all’inizio il problema principale per i corridori, e su 7 ore di gara non è poco, è che non sanno dove fermarsi per fare la pipì. La telecamera indugia su un membro della fuga televisiva della mattina, si chiama Sainbayar, è mongolo e con il suo sorriso ci sta dicendo che lui il suo mondiale l’ha già vinto.

La vera corsa inizia presto per alcuni e finisce presto per altri. Ballerini e Trentin cadono insieme a Pedersen a 185km dal traguardo e questo sarà un problema per l’Italia. Entrambi saranno costretti al ritiro, ma non prima di aver dato tutto per la causa azzurra.

In casa Belgio sono pieni di campioni, ma da settimane infervora la polemica sul dualismo Van Aert-Evenepoel. CT e Remco stesso assicurano che il capitano è Wout, ma parte dell’opinione pubblica, incluso il primo ministro del ciclismo Eddie Merckx, sostiene che Remco non si metterà a disposizione della squadra.

La risposta arriva molto presto, a circa 180km dal traguardo. Iniziano a muoversi nomi importanti, la Francia con Cosnefroy, la Danimarca con Asgreen e Cort Nielsen, e il Belgio, invece di inserire nella fuga un comprimario, mette dentro proprio Remco, che tira come un pazzo per oltre 60km. Chi ci smena è l’Italia, che si stava riorganizzando dopo la caduta e non è riuscita a mettere nessuno là davanti. Ora siamo costretti a tirare. Il Belgio, per un paio d’ore, può riposarsi e stare a guardare. Bravo Remco, gran mossa.

Si corre a medie vertiginose e si affronta ogni muro a tutta e ogni avvicinamento al muro come una volata. Alla fine saranno 42 muri e 42 volate. Roba da spaccare le gambe a tutti e infatti la gara diventa caotica e a eliminazione. L’Italia si riporta sotto, ma a caro prezzo. Nonostante tutto Bagioli, Nizzolo e Colbrelli riusciranno a essere protagonisti fino in fondo.

Si entra nella fase caldissima della corsa e ogni muro miete la sua vittima. I velocisti, che sembrava potessero essere della partita, mollano inesorabilmente uno a uno. Il gruppo là davanti si assottiglia. Quando Alaphilippe attacca per la prima volta mancano ancora più di 50km all’arrivo, ma fa già male. Si forma un bel gruppo con tutti i favoriti, poco dietro un gruppone ancora più folto, con anche Peter Sagan, che sembra poter rientrare.

Ma là davanti, a supporto di Wout van Aert e Jasper Stuyven, c’è un extraterrestre: ancora Remco Evenepoel, che sta spingendo dalla mattina, si mette davanti come un trattore e porta, in circa 25km, il vantaggio del gruppetto di testa a oltre due minuti. Anche il nostro Bagioli, bravissimo, gli dà una mano. Nel gruppetto tutte le nazionali attese alla vigilia sono ben rappresentate: mancano pochi chilometri al traguardo e mi sento di dire che sia i gregari che i commissari tecnici il loro sporco lavoro l’hanno fatto egregiamente.

Ora tocca alle gambe dei campioni veri, che, come risaputo, vengono fuori dopo i 250km. Si attende Wout, si attende Van der Poel, ma ad ogni muro e ad ogni cavalcavia parte Alaphilippe. E uno per uno, li fa fuori tutti. Li distrugge, li stronca. E a 12km dal traguardo resta solo, al quinto eccezionale scatto.

Dietro i migliori non hanno neppure le gambe per inseguire e si forma un gruppetto di luogotenenti: Van Baarle e Stuyven arrivano dove Van der Poel e Van Aert non riescono, insieme a Valgren, membro della Danimarca più forte di sempre e all’americano Powless.

Julien inizia a fare smorfie, quasi a imitare il suo istrionico commissario tecnico Voeckler; sembra possano riprenderlo, ma ogni volta che la strada sale si alza in piedi e spinge con ogni muscolo del proprio corpo. E aumenta il vantaggio fino al traguardo, dove vince meritatamente il suo secondo mondiale consecutivo.

Stuyven non arriva né secondo né terzo, il Belgio è clamorosamente fuori dal podio. Van Baarle argento e Valgren bronzo. E l’Italia? Colbrelli arriva undicesimo, senza infamia e senza lode; l’impressione è che si sia fatto il possibile e che non debbano esserci rimpianti.

Alaphilippe oggi ha messo veramente d’accordo tutti. Se proprio doveva vincere un francese, sono molto contento che abbia vinto lui, perché è spettacolare, genuino, sempre pronto ad aiutare i compagni. Ed è un fuoriclasse assoluto.

Pubblicato da papà Gianni

Cantastorie

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