PER UNA RAMPA

Dico subito quello che penso: la mia opinione è che Mathieu Van der Poel non sia una cima di intelligenza.

Non sto dicendo che è stupido; esistono tanti tipi di intelligenza che possono emergere nei diversi contesti. C’è chi è in grado di smontare e rimontare qualunque macchinario, chi è bravo coi numeri, chi afferra un ragionamento al volo, chi capisce le persone e via dicendo.

E poi ci sono le varie intelligenze utili nelle discipline sportive, che in alcune fasi delle competizioni ti rendono superiore agli altri e ti fanno vincere gare e partite.

Farò, eccezionalmente, un esempio extra ciclistico: quante volte hai sentito dire che Francesco Totti è un po’ stupidotto? Io non ho idea se sia vero o meno e non mi importa neppure, però posso dire che all’interno del rettangolo di gioco, Totti faceva delle robe che erano totalmente, assolutamente e inequivocabilmente geniali.

Vedeva, anche spalle alla porta, geometrie impensabili dove far passare il pallone per servire i compagni. Che poi ci riuscisse era grazie alla sua tecnica, ma senza quell’intelligenza superiore la tecnica sarebbe rimasta fine a se stessa.

Anche nel ciclismo, nonostante sia più scientifico e controllabile del calcio, serve intelligenza. VDP, che è attualmente il corridore più spettacolare che il ciclismo possa vantare e uno dei più talentuosi, non ha finora dimostrato di possederne.

Nel ciclocross le gare sono brevi, i sorpassi difficili, la scia inutile e gli imprevisti dietro l’angolo. Quello che devi fare è partire e andare a tutta fino al traguardo. VDP lì è imbattibile (o quasi).

Nel ciclismo su strada occorre gestirsi, e a più riprese VDP ha dimostrato di non esserne capace. Ha già vinto tanto, ma sempre in occasioni in cui era nettamente il più forte. In altre occasioni in cui era nettamente il più forte ha perso per aver sprecato energie preziose nel momento sbagliato: mi spiace gettare un’ombra su una delle sue più belle vittorie del 2021, ma nella tappa dei muri della Tirreno Adriatico, quella in cui è partito lontanissimo dal traguardo perché, testualmente, ‘aveva freddo’, è rimasto senza benzina negli ultimi chilometri, e a molti, tra cui il sottoscritto, è sembrato evidente che Tadej Pogačar abbia espressamente deciso di non andare a prenderlo sull’ultima salita.

Ma, cosa ancora peggiore, VDP non vince MAI se non è il più forte: quando occorre limare, capire, mordere il freno, prendere decisioni immediate, alimentarsi, coprirsi, stare a ruota. Per informazioni citofonare Carapaz.

A proposito di Olimpiadi, VDP ha scelto di partecipare alla prova per la MTB. Il ciclocross, ahìlui, non è disciplina olimpica. Ha dimostrato al Tour di avere una gamba eccezionale e si è ritirato dopo la prima settimana per preparare al meglio l’appuntamento olimpico, arrivato a Tokyo con anticipo, smaltire il fuso orario e per abituare il suo corpo al clima.

Ed è andato a provare il percorso, tante volte.

Così tante da dire, poi, di ‘conoscerlo a memoria’. Ma, e sicuramente molti di voi hanno già capito dove andrò a parare, gli è sfuggito un piccolo particolare: in uno dei salti più alti, durante le prove, era posizionata una rampa per favorire coloro che volevano eseguire una ricognizione tranquilla sul percorso.

Gli organizzatori avevano informato le squadre e i corridori che quella rampa sarebbe stata rimossa il giorno della gara. Dei 38 partenti degli uomini, pare che solo in 37 avessero recepito l’informazione. Uno di questi era l’altro atleta olandese, che dice addirittura di averne parlato con il trentottesimo: il nostro Mathieu Van der Poel.

Inizia l’Olimpiade; primo giro, VDP arriva in quel punto. Non è in testa, gli avversari che lo precedono prendono la rincorsa per fare il salto. Lui non si chiede perché lo stiano facendo, arriva in cima alla rampa più lentamente e, per ovvie ragioni fisiche, precipita ribaltandosi in avanti, rischiando per altro di rompersi l’osso del collo. Si spaventa, prende una botta, perde posizioni. I primi sono irraggiungibili (Tom Pidcock probabilmente lo sarebbe stato comunque), si ritira, FINE.

Ora, riprendendo il discorso iniziale: caro Mathieu, io non escludo che una volta lasciata la carriera sportiva tu possa prendere un dottorato in fisica quantistica e vincere un premio Nobel, però, lasciatelo dire, alle Olimpiadi di Tokyo 2020 (che non è il Trofeo Città di Maslianico) sei stato veramente un pollo.

Pubblicato da papà Gianni

Cantastorie

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